Un documento classificato “segreto” redatto per Intelligence Service britannico dall S.Ten. Giorgio Spini, dopo la guerra illustre storico, aggregato alla 2a Brigata corazzata dell’8a Armata britannica che ha liberato Forlì sfondando la Linea gotica. E’ inviato da Forlì e datato 13 novembre 1944, quattro giorni dopo la liberazione, e illustra chiaramente la situazione del movimento di resistenza nel forlivese. In diversi punti parla diffusamente di Tonino come uno dei più influenti personaggi.
Fonte: ” La strada della Liberazione” di Giorgio Spini, a cura e con prefazione di Valdo Spini edizioni Claudiana, Torino
qui il pdf completo: rapporto Spini
qui un estratto (seguirà testo integrale):
Rs n. 14 Segreto
13 Novembre 1944 S.Ten. Giorgio Spini
La lotta antifascista in Forlì l° periodo: settembre 1943 gennaio 1944.
Subito dopo il settembre 1943, si ebbero quasi contemporaneamente alla formazione di bande partigiane nella regione montagnosa della provincia e la ricostituzione del fascio locale. Quest’ultima, iniziata da tale Lionetti, che viene descritto come un pregiudicato per delitti comuni, fu proseguita da un triumvirato che nominò Commissario Federale per la provincia di Forlì, Plinio Pesaresi.
La agitazione antifascista era invece coalizzata nella formazione politica romagnola della U.L.I. (Unione dei Lavoratori Italiani), che raccoglieva elementi repubblicani in prevalenza con partecipazione attiva di socialisti, democratici cristiani e contatto ormai stretto col partito d’azione di Bologna. Esponenti della U.L.I. in Forlì erano Antonino Spazzoli, Bruno Angeletti, Virgilio Neri, C.Guerrini etc. Questa formazione antifascista pubblicava il giornale clandestino “La Voce del Popolo” (mensile e talora quindicinale), già dal maggio 1943, volantini etc di propaganda.
Anima della agitazione sembra essere stato Antonio Spazzoli, che in Forlì è ritenuto il maggiore eroe e martire della resistenza patriottica. Volontario della guerra 1915-18, medaglia d’argento al V.M., legionario fiumano, aveva consacrato interamente se stesso e le sue notevoli sostanze alla lotta patriottica. Organizzò e rifornì le prime bande di patrioti (Corbari e Libero) con l’invio di armi, munizioni, viveri, scarpe, oggetti vari, denaro, che egli raccoglieva da tutta la provincia mercé una vasta rete di amici devoti, che g]i permetteva di giungere ovunque e di essere sempre informato di ogni mossa dei fa scisti. Organizzò pure la nota fuga dei Generali inglesí già prigionieri nel Castello di Vincigliata, nonché la raccolta sistematica e l’assistenza dei prigionieri alleati, già concentrati in prigionia a S. Sofia. I prigionieri venivano avviati nelle Marche per farli proseguire alla volta dell’Italia Meridionale, non di rado con pescherecci che facevano capo a Porto Recanati. Il prestigio di Spazzoli era tale che persino i fascisti esitavano a colpirlo, data la popolarità di cui godeva. Suo fratello Arturo, studente, andò e tornò 3 volte dall’Italia liberata, stabilendo il collegamento con i comandi alleati.
Sulla montagna intanto si erano formati tre gruppi di partigiani: Quello di “Libero”, che doveva trasformarsi poi in 8a brigata Garibaldi; quello di Monti, che operava in vicinanza di Faenza e che, essen dosi rifiutato di aderire ai C.D.L.N. non fu da questi rifornito e finì per estinguersi o quasi; quello di Corbari che fu da prima il gruppo che fece più parlare di se.
Silvio Corbari era un giovane di 23 anni, meccanico, già sottufficiale dei bersaglieri. Sembra che abbia studiato in un seminario ed in seguito sin diventato giocatore professionale di football. Gettatosi alla montagna, capeggiò una banda di una trentina di persone, in genere rifornita e promossa dai repubblicani, che si distinse per l’audacia inverosimile di alcuni dei suoi colpi. Si è formata intorno alla figura di
Corbari una specie di leggenda popolare, che rende un po’ difficile distinguere il vero dall’inventato. Si raccontano ad ogni modo queste storie su di lui:
Due volte svaligiò la banca di Modigliana, avvertendo prima che msarebbe venuto a fare il colpo. La prima volta giunse travestito da carabiniere con altri 4 suoi. fingendosi in viaggio di trasferimento.
Dopo aver dormito nella caserma del carabinieri si presentò alla Baca, portò via 40.000 lire e lo distribuì fra i poveri del paese. La seconda volta, in abito borghese, se ne andò alla casa di uno del capi fascisti locali e lo obbligò con la minoccia di ucciderlo a recarsi alla banca ed a ritirare tutto il suo danaro, che fu quindi ugualmente distribuito al poveri.
Un’altra volta Corbari discese in Faenza vestito da milite, entrò in un caffè e stracciò un ritratto di Muti. Un ufficiale della Milizia accorso gli chiese il nome. L’altro rispose di essere Corbari in persona e disarmò il fascista, lo prese a calci e lo obbligò a fare il giro della piazza, facendo due passi e un salto fra le risa di tutta la popolazione.
Una terza volta scese a Forlì, dopo aver dato appuntamento al federale Capanni (successo da poco al Pesaresi). Entrò nella federazione, domandò del federale e ne ebbe in risposta che l’altro era assente. .Allora lasciò un biglietto ai fascisti locali in cui si rimproverava il federale di non aver tenuto l’appuntamento e sparì prima che questi, letto il biglietto, si accorgessero di aver avuto a che fare col temuto capo-banda.
Ancora un’altra volta si racconta che Corbari. vestito da prete, transitasse in bicicletta da un ponte dove stava un posto di blocco di militi fascisti, che gli chiesero se avesse notizie di Corbari.
Uno di essi si vantò anche che se l’avesse colto gli avrebbe strappato il cuore. Il giovane prete consigliò i militi di recarsi in un certo posto della campagna dove il giorno dopo sarebbe tornato Corbari.
I militi si recarono all’appuntamento e non trovarono che un pecoraio, che nulla sapeva del famoso ribelle. I militi si dispersero per esaminare la località e restarono per un momento soli il milite vantatore ed il pecoraio. Questo, che non era altri che Corbari in persona, approfittò dell’occasione per stendere morto lo spaccone e dileguarsi.
Queste gesta avevano creato intorno a Corbari una fama di invincibilità ed una popolarità tali, in tutta la Romagna, che egli poteva ovunque trovare rifugio, insieme con i suoi, fra cui il suo luogotenente Adriano Casadei e la sua amante Iris Versari, sempre presente
in tutte le sue imprese più arrischiate.
II° periodo: gennaio 1944 maggio 1944
Col gennaio 1944 si inizia una fase critica, sia politicamente che milltarmente, per il movimento antifascista nella provincia di Forlì. Politicamente un gruppo di giovani capeggiati da Toloi (Mario Tarchi) e da Spada, si stacca dalla U.L.I. e costituisce il P.I.L.(Partito italiano del Lavoro) che continua la oubblicazione del giornale “La Voce del Popolo” ed assume un atteggiamento astensionistico nei riguardi della guerra contro i tedeschi. Il P.I.L. affermava di opporsi alla speculazione sulla guerra anti-tedesca, tentata dalla monarchia, sostenuta dal conservatorismo inglese od americano e riteneva inutile la continuazione della lotta armata. Diversi esponenti della U.L.I. non erano in grado di opporsi allo sfasciamento della formazione fino al allora esistente perché imprigionati, come B. Angeletti, [INCOMPRENSIBILE], o latitanti. Si giunse perciò alla ricostituzione dei tre partiti tradizionali -socialisti, democratici cristiani, e repubblicani- i quali, insieme ai comunisti, dettero vita a1 Comitato di Liberazione Nazionale di Forlì.
Contemporaneamente alla crisi politica del movimento antifascista, si ebbe l’inizio della reazione fascista. Fino al febbraio 1944 difatti, scarsa importanza si era data al movimento partigiano nell’ambiente fascista, Il prefetto Zaccarini anzi riteneva che le bande che si aggiravano sui monti non fossero altro che il prodotto dell’apprensione suscitata dall’invasione tedesca e che esse si sarebbero dissolte col perdurane della normalità. Forlì era perciò priva di forze militari all’infuori di un centinaio di militi della G.B.R., dei carabinieri, considerati sempre come malfidi, e dei pochi e disordinati soldati che si erano presentati al servizio militare, ancor più malfidi dei carabinieri. Alcuni fatti clamorosi avvenuti nel febbraio misero però in allarme gli ambienti governativi, dimostrando la esistenza di una vasta e potente organizzazione anti fascista. Fra essi furono la uccisione del federale Capanni avvenuta il 10 febbraio a S.Varano, alle porte stesse della città, per opera di ignoti (particolare interessante:il Capanni fu ucciso a poca distanza dal luogo dove venti anni prima i fascisti avevano ucciso suo fratello Giulio Capanni, valoroso combattente della prima guerra mondiale, decorato di medaglia d’argento al V.M., esponente del partito repubblicano, fortemente antifascista), la uccisione del Commissario del comune di S.Pietro in Bagno, Italo Spighi, l’assalto alla caserma della G.r.R. a Galeata, ad opera di “Libero”
(seguirà testo trascritto completo)