(Di Elio Santarelli, estratto da “Il Pensiero Romagnolo” N. 31 e 32, 7 e 14 Settembre 1974)
Egli non era di Forli, come molti credono, ma di Coccolia di Ravenna, ove era nato il 2 giugno 1899. Educato, cresciuto negli ideali dell’Apostolo genovese, viene a Forlì nel 1911 per divenire presto Segretario del Comitato circondariale giovanile repubblicano forlivese Organizza i suoi giovani e li prepara idealmente per le future battaglie che non tarderanno a venire.
La guerra è alle porte e, dopo il diploma in Agraria, egli vi partecipa volontario (come il fratello Pippo) in un reparto di Arditi. Si distingue in vari combattimenti, guadagnando una medaglia di bronzo il 24 giugno 1918 sul Monte Asolone, e tre croci di guerra al valore militare. Scrivendo a Balilla Santarelli, l’esponente repubblicano forlivese dirà il 21 giugno 1918: “Siamo 500 gatti [del 90 reparto d’ assalto] ma lavoriamo per una Divisione di truppe scelte …. La via di accesso di Bassano l’ abbiamo chiusa ermeticamente coi nostri petti…”.
Egli, giovane di diciannove anni, crede fermamente nella logica della guerra risorgimentale per la liberazione dei popoli oppressi dall’Impero austro-ungarico. Il suo interventismo non è solo baldanza giovanile, ma è partecipazione cosciente e intelligente alla guerra che deve essere l’ ultima, perché con la vittoria verranno a mancare i presupposti (cari illusi ragazzi) per nuovi conflitti. Se scomparirà l’Impero di Cecco Beppe, si dicevano, se daremo indipendenza e forza ai popoli sottomessi al militarismo di Vienna e di Berlino, noi prepareremo un domani di pace e di sicurezza. Gli irredentismi non avranno più ragione di sussistere, con la scomparsa degli Stati plurinazionali; Trento e Trieste verranno annessi alla Madre patria, l’Alsazia e la Lorena alla Francia, i cecoslovacchi avranno la loro indipendenza, come peraltro i popoli slavi soggetti all’Austria….
Abbiamo accennato alla passione politica di Tonino. Egli è partecipe senza peli sulla lingua. Segue ciò che avviene a Forlì e tutto quel che interessa, specialmente, le vicende del Partito repubblicano. Scrive per commenti e critiche al Santarelli fino al momento cioè in cui si “Libera dalla stelletta monarchica”.
Spazzoli è in quei giorni un ardente ammiratore dell’interventista Mussolini; come altri repubblicani del resto, non pochi dei quali collaborano al “Popolo d’ Italia” almeno fino al momento in cui l’interventismo democratico e antimonarchico del futuro duce, legato pure al nome di Mazzini, non si capovolgerà per arrivare al più abbietto dei trasformismi. Ma fino allora, fino al momento in cui Mussolini combatterà la sua battaglia sia nei confronti della monarchia, come delle forze che si erano opposte alla guerra, socialisti e clericali o liberali alla Giolitti, avrà vicino i repubblicani coi romagnoli e specialmente i forlivesi.
Terminato il conflitto Tonino Spazzoli rientra a Forlì e partecipa all’attività politica che ha nella piazza la maggior palestra. Il 10 novembre 1919 (in occasione delle elezioni politiche) è presente al comizio che Mussolini tiene nella Piazza Belgioioso di Milano; è il primo comizio pubblico di Mussolini che è ancora su posizioni repubblicaneggianti e rivoluzionarie. Bisogna dunque essere presenti e da Forlì partono per quella adunata otto giovani capeggiati dal repubblicano Mario Santarelli, il corrispondente dalla città del “Popolo d’Italia”.
Se il romagnolo Mussolini è sulle nostre posizioni -commentano questi ragazzi-, perché non aiutarlo, perché non dargli una mano ? Si prende allora il treno e nella sera fredda e nebbiosa eccoli a Milano per far da guardia del corpo a Mussolini, sotto il camion dal quale egli parla. La serata finisce poi con canti patriottici e con alalà a Mazzini, D’Annunzio, Mussolini e a Fiume italiana.
“Se…. in quella famosa sera, scriverà quattro anni dopo Mario Santarelli, qualcuno avesse azzardato porre l’ipotesi che il Capo sarebbe diventato il Presidente dei ministri e che il Fascismo avrebbe rinsaldato l’istituto monarchico, certamente sarebbe stato linciato”.