Qui l’intervista alla figlia di Torquato Nanni, sulla morte del padre
Qui l’intervista a Oscar Bandini, santasofiese, sulla figura di Torquato Nanni
(Sotto segue un articolo di Oscar Bandini, Giusy Cavallucci e Ughetta Cavallucci pubblicato in”Personaggi della vita pubblica di Forlì e circondario” di L. Bedeschi e D. Mengozzi)
(S.Sofia 1888-Malacappa [Bo] 1945), avvocato, socialista.
Ancora giovanissimo iniziò la sua attività politica nelle file del partito socialista. Come risulta dal primo rapporto della prefettura di Forlì ebbe, all’interno del partito, incarichi di responsabilità e fu corrispondente dell’Idea socialista, organo della federazione forlivese. Nelle sue corrispondenze attaccava l’operato dell’amministrazione comunale di S. Sofia, in mano ai moderati. Tenne una serie di conferenze nei paesi del circondario, e, nell’ottobre del 1906 fu delegato al congresso nazionale del Psi come rappresentate della sezione di S. Sofia; nel 1909 fu eletto membro del comitato direttivo della federazione socialista al congresso di Prato (21 febbraio). Contemporaneamente fondò e diresse il quindicinale anticlericale della Romagna-Toscana «La Scopa», poi «La Fonte». Il giornale, oltre a raccogliere il contributo degli esponenti più qualificati del socialismo e del radicalismo romagnolo, si avvaleva anche delle firme di personaggi come G. M. Serrati, L. Fabbri, P. Nenni, E. Ferri, O. Gnocchi Viani, U. Della Seta, A. Ravizza, G. Papini, C. Lazzari, M. Rygier, P. Goti, R. Murri e altri. La linea del giornale abbracciava non soltanto temi esclusivamente politici, ma problemi filosofici, letterari, sociologici, avvalendosi della collaborazione di specialisti delle varie discipline in un’ottica non localista. Intenzione di Nanni fu quella di dar voce ai «liberi pensatori della regione» (socialisti, repubblicani, anarchici, radicali, massoni) nell’intento di organizzarli in un «fascio anticlericale» per combattere la Chiesa, vista sempre come il maggiore avversario. Delineò così la sua preferenza per i blocchi interclassisti, in contrasto evidente con la tattica elettorale amministrativa intransigente propugnata dall’amico Mussolini. Sempre in questo anno iniziò uno scambio epistolare con Mussolini, allora «confinato» a Trento, segretario del segretariato trentino del lavoro e redattore del settimanale «L’Avvenire del lavoratore». Nel 1910, in seguito a denunce per la sua attività anticlericale, N. si allontanò da S. Sofia per un giro di conferenze fra gli emigrati italiani in Svizzera e Germania, tenendo una serie di dibattiti a Berna, Basilea, Zurigo, S. Gallo e in altri centri minori sui temi del socialismo, della cooperazione, della scienza e dell’anticlericalismo. Risale a questo periodo la sua amicizia con G. M. Serrati, mentre la redazione della «Scopa» era affidata temporaneamente a Nenni, che viveva e lavorava a S. Sofia all’ufficio del catasto.
Con la caduta dell’amministrazione moderata guidata da Nanni-Domenico Castelli e l’assunzione della guida del comune da parte dei socialisti con un governo di minoranza presieduto da Giuseppe Nanni, nella tornata elettorale parziale del 1911, i cittadini decretarono il successo della lista socialista.
Torquato Nenni venne eletto alla carica di sindaco e da quel momento iniziava un periodo di intensa e fervida attività politico-amministrativa. Coadiuvato da un pool di amministratori di tutto rispetto (vogliamo qui ricordare i nomi di Angiolo Satanassi e di Adriano Collinelli), Nanni riuscì ad imprimere slancio all’attività amministrativa e, nonostante le difficoltà di bilancio, riuscì negli anni d’oro del socialismo municipalista santasofiese, cioè dal 1912 al 1914, a raggiungere obiettivi significativi. Risanamento amministrativo con la compilazione e l’approvazione dei conti consuntivi dal 1904 al 1911, l’istituzione della Scuola d’arte e mestieri, la costruzione del nuovo edificio delle scuole elementari, interventi di risanamento igienico sanitario, l’ampliamento dell’asilo infantile, il rilancio nella gestione della Congregazione di carità, il potenziamento e la qualificazione dell’ospedale Nefetti attraverso una oculata gestione che stroncò definitivamente i metodi non sempre ortodossi delle amministrazioni precedenti. Il nosocomio riprese nuovo slancio e a ciò contribuì anche l’arrivo alla direzione del medesimo del giovane chirurgo santasofiese Germano Giovannetti.
L’intensa attività politico-amministrativa non impedì al N. di terminare gli studi universitari e, infatti nel giugno 1912 discuteva con Francesco Baudassi professore di Storia del Diritto e Filosofia del Diritto (già sindaco di Urbino, mazziniano e deputato) la tesi di laurea «Saggi sull’istituto familiare». Sempre nella primavera di quell’anno svolgeva un ruolo primario nell’opera di sindacalizzazione dei coloni della Valle del Bidente che, associati in fratellanze, strapparono agli agrari un concordato molto avanzato che, di fatto, sconvolgeva gli equilibri politici e sociali tradizionali. Nel novembre in occasione del conflitto greco-turco, partì per Patrasso, al seguito della spedizione organizzata da Ricciotti Garibaldi, come corrispondente di guerra del «Giornale del mattino» di Bologna, per il quale continuerà a scrivere articoli per tutto il 1913. Successivamente si stabilì a Milano e divenne collaboratore della redazione dell’«Avanti!», per il quale scrisse un importante articolo comparso in prima pagina nel numero del i febbraio 1913 dal titolo I clericali e la democrazia. Alla scoperta di un programma e una recensione all’opera di Papini Un uomo finito, del 4 luglio 1913. Diresse anche il periodico quindicinale di propaganda socialista «La Fiaccola» (due numeri del 1913), con articoli di C. Treves, A. Cipriani, A. Loria di carattere teorico generale. Si facevano intanto più intensi gli scambi epistolari con l’amico Mussolini, allora direttore del quotidiano socialista, del quale aveva appoggiato l’azione al congresso di Reggio Emilia. Partecipò nel 1914 alle agitazioni della «settimana rossa»; interventista sul problema della guerra si staccò dalle posizioni del Psi, pur continuando a militare nelle sue file. Fu collaboratore (e non redattore) del «Popolo d’Italia» e scrisse presumibilmente anche nel giornale interventista diretto da M. Rygier e Guido Bergamo, «La Riscossa» di Bologna. Risale al 1915 la pubblicazione, per le edizioni La Voce, dell’opuscolo Benito Mussolini, la prima biografia a carattere non agiografico, apparsa prima della presa del potere da parte del fascismo. Durante il conflitto mondiale fu sempre corrispondente del democratico «Giornale del mattino», per il quale scrisse nel 1916 un «colloquio di guerra» con Mussolini da poco ritornato al reggimento.
A Santa Sofia, nel frattempo, la situazione sociale ed economica si era fatta pesante, come nel resto del paese. Gli uomini erano al fronte, scarseggiavano le derrate alimentari e il Comune, per far fronte alla grave situazione d’emergenza, imponeva il calmiere per i generi di prima necessità e il razionamento per evitare speculazioni e aggiottaggi. Nanni durante le sue assenze veniva sostituito dal vicesindaco Satanassi che aveva avuto modo di evidenziare le sue buone qualità di amministratore in più riprese.
Il 1917 non fu solo l’anno terribile di Caporetto, ma anche dell’aggravarsi della situazione sociale in tutto il Paese, il fronte «interno» preoccupava quanto quello militare. Anche a Santa Sofia si facevano pesanti le misure del razionamento. Nel tentativo di evitare speculazioni Santa Sofia, insieme ai Comuni del Circondano di Rocca San Casciano, Marradi e Palazzuo-lo, dava vita all’Ente autonomo dei consumi dell’alta Romagna, organismo consorziale che aveva lo scopo di acquistare e produrre i generi di prima necessità, con il fine di distribuirli a tutti i consumatori alle migliori condizioni possibili.
A pochi giorni dalla vittoria sugli Austriaci, il 1o novembre 1918, un sisma qualificato del 9° grado della scala Mercalli colpiva molti centri delle valli del Bidente, del Savio e del Mugello. A Santa Sofia si contavano 16 morti e numerosi feriti, crollavano il castello e molti edifici. Il maggior numero di morti si registravano nella chiesa parrocchiale, fra bambini e donne.
E’ un duro colpo, una frustata violenta che getta paura e sgomento nei centri appenninici della Romagna toscana già colpiti, nei secoli precedenti da sismi violenti e distruttivi. Scatta la catena della solidarietà, il paese reagisce, interviene l’esercito con un reggimento del Genio che sgombra le macerie, si piangono e si seppelliscono i morti. Passata l’emergenza, le amministrazioni dell’Alta Romagna e del Mugello, per favorire l’opera di ricostruzione dei paesi colpiti dal terremoto, danno vita a un Comitato permanente che verrà presieduto per lungo tempo dall’avvocato santasofiese.
Nel clima incandescente del primo dopoguerra, sotto la spinta della rivoluzione d’ottobre, anche a S. Sofia nascevano i consigli degli operai e dei contadini, organismi unitari che vedevano la presenza dei socialisti e degli anarchici, da sempre i due filoni più rappresentativi del movimento operaio santasofiese. Nanni riprendeva una intensa attività propagandistica a favore dei territori dell’alta Romagna incoraggiando l’azione della Camera del lavoro di Forlì, allora guidata da Aurelio Valmaggi, cercando con le sue indubbie doti politiche di favorire il dialogo fra le forze politiche in un momento in cui gli assassini di Spartaco Lavagnini e dei fratelli Berta, nonché l’assalto squadrista degli uomini di Dumini al Palazzo della Provincia facevano precipitare la situazione politica fiorentina al peggio. Anche a S. Sofia gli anni caldi dell’attività dello squadrismo fascista vedevano N. impegnato a svolgere un’opera di mediazione e di riconciliazione, nel tentativo di evitare il precipitare sanguinoso degli scontri tra fascisti e organizzazioni operaie. Per questa sua attività, in una zona in cui i fascisti avevano poco peso, fu violentemente attaccato dai fascisti fiorentini per bocca di Umberto Odett Santini (uomo del marchese D. Persone Compagni), che dalle colonne della Riscossa di Firenze lo accusò di illeciti nell’uso dei finanziamenti pubblici statali per le zone terremotate. La polemica avrà strascichi anche a livello nazionale e vedrà al lavoro una commissione di inchiesta socialista presieduta da C. Lazzari, che lo scagionerà completamente, e scambi politici sulle colonne dell’«Avanti!», del «Popolo d’Italia» e della «Difesa» di Firenze. Nan-ni fu definitivamaente assolto dalla Corte d’Appello di Bologna il 31 marzo 1929 per inesistenza di reato.
Nel 1921 fu direttore della «Lotta di classe» e nel 1922, assieme ad A. Valmaggi, del «Risveglio» di Forlì. Nel novembre 1922, dopo la marcia su Roma, la casa di N. venne scaccheggiata da una squadraccia fascista ed egli stesso fu sequestrato a Rocca S. Casciano; fu poi liberato da una squadra di fascisti bolognesi guidata da Leandro Arpinati, suo intimo amico (ex-anarchico, poi ras del regime). L’episodio rimane ancora per lo più oscuro. Nel gennaio 1923 intervenne sull’«Avanti!», in polemica con le posizioni terzinternaziona-liste di Serrati, con un importante articolo intitolato Mosca e la situazione politica italiana. Nel 1924 pubblicò Bolscevismo e fascismo
al lume della critica marxista, opera nella quale tentava una prima sistematizzazione della sua ideologia dopo l’avvento del fascismo, cercando di individuare i limiti del socialismo scientifico, i caratteri propri del fascismo, e dove pure abbozzava quelle che secondo lui erano le possibili linee di incontro fra le due ideologie nel tentativo di superamento del sistema borghese. L’anno seguente pubblicò La gente di mare e Giuseppe Giulietti.

La prefazione scritta da Renzo De Felice alla riedizione de “Bolscevismo e Fascismo” di Torquato Nanni (inedita)
Il libro fu sequestrato perché ritenuto un’apologia dell’operato di Giulietti. Dopo l’avvento del fascismo mantenne un atteggiamento cauto e di formale rispetto nei confronti del regime, pur tenendo fede alle sue idee «socialiste». Controllato dalla polizia, che temeva un suo espatrio, scrisse, presumibilmente su commissione, Leandro Arpinati e il fascismo bolognese. L’opera fu sequestrata. Collaborò ad «Autachia», una rivista di diritto pubblico amministrativo per le province, i comuni e le corporazioni. Risalgono a questi anni (1926-1931) l’opuscolo a firma Serrati-N.-Rigola, Polemica su Mussolini e il fascismo (1926-1929), in bozze, stampato dalla Tipografia dei comuni di S. Sofia e tuttora inedito, un’importante corrispondenza con Serrati, e soprattutto una con R. Rigola (v.) sulla linea da seguire nei confronti del regime e sull’attività della rivista «Problemi del lavoro». Intanto, si intensificavano i suoi contatti personali con Arpinati; con la defenestrazione di quest’ultimo, le autorità giudiziarie, che fino a quel momento avevano parlato nei loro rapporti di un suo atteggiamento di rispetto nei confronti del regime, lo condannarono inviandolo al confino a Lanusei (Nuoro). Evidentemente il regime temeva che intorno a N. e ad Arpinati si formasse una schiera di ex-socialisti, repubblicani e fascisti dissidenti romagnoli contraria alla linea politica del «duce», anche se su posizioni anticomuniste.
Durante il confino iniziò la stesura della sua ultima opera, a carattere filosofico, Profondità di vita, che verrà pubblicata nel 1942 e subito dopo ritirata. Terminato il periodo di confino, durato un anno, gli venne vietato il ritorno a S. Sofia, e fu costretto a risiedere a Partina, in provincia di Arezzo. Si stabilì, dopo alcune disgrazie familiari, definitivamente nel proprio paese nel 1937, riuscendo ad ottenere, per far fronte alla grave situazione economica dello stabilimento tipografico, l’interessamento personale di Mussolini. Negli anni seguenti si fecero più stretti i suoi rapporti con Tonino Spazzoli (repubblicano, trucidato poi dai fascisti), con Arpinati e con altri fascisti dissidenti forlivesi ed ebbe uno scambio epistolare e contatti con il socialista riformista forlivese Alessandro Schiavi.
Il 25 luglio 1943 tenne il comizio unitario a S. Sofia per celebrare la caduta del fascismo e, dopo 1’8 settembre, insieme a Tonino Spazzoli e ad altri numerosi patrioti romagnoli della montagna e della pianura organizzò la «trafila» che favorì la fuga degli alti ufficiali inglesi Neames, Cumb, Todhenter, O’Connor e Boyd che, dopo l’armistizio, avevano trovato rifugio prima presso l’eremo di Camaldoli e, in seguito, in località Seghettina nell’Appennino romagnolo.
Si trattò di una operazione spettacolare nella quale ebbe un ruolo di rilievo Bruno Vailati, giovane ufficiale inglese dell’oss e amico di studi di Torquato Nanni Jr. L’azione accreditò e favorì l’intervento degli alleati nei confronti delle neonate formazioni partigiane. Nd marzo 1944 l’abitazione di N. venne incendiata dai repubblicani e l’avvocato si convinse ad abbandonare il paese natale dirigendosi a Malacappa (Bologna) chiamato dall’amico Arpinati. A pochi giorni dalla liberazione, il 22 aprile 1945, venne ucciso insieme ad Arpinati da una squadra di partigiani comunisti dissidenti e in contrasto con la linea del c.u. M. E. R .
L’episodio provocò vasto clamore e stupore in tutta la regione considerata la caratura dei due personaggi e per alcuni decenni, una cappa di silenzio e di omertà scese su quel tragico giorno di aprile.
FONTI E BIBLIOGRAFIA
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