Le giunte popolari a Forlì

Una città all’opposizione: le forze popolari conquistano Forlì

Con l’arrivo del nuovo secolo, Forlì si consacrò come una delle roccaforti “rosse” d’Italia ma con la peculiarità della massiccia presenza repubblicana, così come nelle vicine Ravenna e Cesena, che fra le forze di sinistra risultava egemonica rispetto al movimento socialista. Fu questo mondo, repubblicano e socialista unito nel “Blocco Popolare” che conquistò la guida del governo municipale a partire dal 1901.

Sul versante politico il movimento repubblicano vide affermarsi la leadership di Giuseppe Gaudenzi. Nato nel 1872, Gaudenzi (la cui famiglia portava il nome dialettale di “Panocia”, cioè “Pannocchia”) era nato a Terra del Sole allora in provincia di Firenze ma a pochi chilometri da Forlì nel cui territorio comunale si trasferì con residenza a Pievequinta. Fin da giovanissimo partecipò alla vita politica muovendosi tra il mondo delle società operaie e la pubblicistica. Durissimo nei confronti della direzione del Circolo Mazzini in occasione del fallimento della Banca popolare, subentrò a Quartaroli nella guida della più potente realtà repubblicana forlivese e, poco dopo, pure alla testa della Consociazione repubblicana romagnola. Nel 1894 fondò il giornale “Il Pensiero romagnolo” e in occasione delle elezioni comunali della primavera dell’anno seguente, da quelle pagine scagliò una durissima campagna contro monarchici, clericali, governo Crispi che gli costò una condanna a 10 mesi. A Gaudenzi è strettamente collegata la nascita del Partito Repubblicano Italiano del quale fu, dall’aprile 1895 al maggio 1897, Segretario nazionale. Incarnando il ruolo di guida in differenti situazioni, costantemente come capopartito, ma ora consigliere comunale e assessore, ora come parlamentare e pure in qualità pro-sindaco, egli fu durante il primo quindicennio del XX secolo il principale fautore del programma di innovazioni portato avanti dal Comune che prese forma attraverso le “municipalizzazioni” dei servizi (in particolare quelli dell’acquedotto e del gas per l’illuminazione pubblica), la creazione di infrastrutture, la costruzione del nuovo Ospedale, l’edificazione di case popolari, il sostegno alla cooperazione e al movimento sindacale, l’attuazione di nuove politiche fiscali con l’apertura del centro urbano, senza più i vincoli tributari del dazio pagato alle “barriere” che avevano sostituito le porte d’accesso dell’antica cinta muraria e che, proprio come conseguenza di questa funzione non più necessaria, cominciò ad essere demolita. Il peso specifico esercitato in politica lo portò a misurarsi con le elezioni parlamentari e a diventare parlamentare nel novembre del 1904. Rimase in Parlamento nelle due legislature seguenti, sempre fra i rappresentanti dell’Estrema Sinistra, distinguendosi per l’attenzione ai temi di carattere sociale. Altri esponenti di rilievo furono l’avvocato repubblicano Giuseppe Bellini, il socialista e sindacalista Aurelio Valmaggi e, in una seconda fase, i giovani rivoluzionari Pietro Nenni, repubblicano, e Benito Mussolini, socialista.

Il blocco Popolare conquistò il Comune alle elezioni amministrative del luglio 1901 convocate per il rinnovo, secondo quanto stabilito dalla legge dell’epoca, della metà del Consiglio comunale. L’affermazione dell’alleanza fra repubblicani e socialisti conquistò 16 seggi a fronte dei 4 finiti ai moderati. Il segnale fu chiarissimo e il notabilato liberale consegnò la città alle giovani forze che, incarnando su scala locale il mandato dei neonati partiti di massa (il Partito dei Lavoratori italiani, poi Partito Socialista dei Lavoratori italiani, era stato fondato nel 1892, il Partito Repubblicano italiano nel 1895), conquistarono il Municipio. Alla carica di Sindaco fu designato Bellini che chiamò accanto a sé tre assessori repubblicani e uno socialista.

Nel dicembre di quello stesso, il 1901, nacque a Forlì la Camera del lavoro che aggregava su base territoriale tutti i lavoratori a prescindere dalla loro categoria. Le colonne portanti risultavano essere repubblicani, che figuravano in numero maggioritario, e socialisti. Il sindacato unitario divenne così il luogo delle rivendicazioni di categoria e di quelle generali ma anche l’organismo politico in cui l’elemento di mediazione dei conflitti si abbinava alle azioni di lotta e di emancipazione, passando dal coordinamento organizzativo e dalla promozione sociale e culturale dei lavoratori attraverso corsi di formazione, biblioteche e pure università popolari.

L’alleanza del “Blocco popolare” ebbe vita tormentata. Già all’inizio del 1902 l’assessore socialista rassegnò le dimissioni e a distanza di nemmeno un anno si consumò una prima rottura con gran parte del gruppo consiliare che si dimise dall’assemblea civica. La diversità di vedute su alcune questioni non risultò sovrastante rispetto alla consapevolezza di poter incidere in modo determinante sulle scelte e nel volgere di alcuni mesi le divergenze si smussarono. Il Blocco si ricompose e conquistò nuovamente il palazzo nelle amministrative del dicembre 1905.

Nel 1902, intanto, era avvenuto un fatto di valore simbolico, che impresse le insegne della nuova identità politica. Dopo la morte a Domokos, i resti di Antonio Fratti (l’avversario diretto di Fortis, colui che lo aveva sconfitto) vennero traslati dal luogo nel quale erano stati sepolti, in Grecia, fino a Forlì. L’arrivo della salma trovò una marea umana nella piazza centrale e nelle vie, una commovente liturgia civica che terminò con un lunghissimo corteo funebre verso il cimitero monumentale dove avvenne la sepoltura, nel Pantheon.

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