Il 10 luglio cade l’anniversario della scomparsa di Giuseppe Gaudenzi, avvenuta nel 1936: un personaggio appassionatamente legato al P.R.I., del quale fu uno dei principali fondatori nel 1895 e più volte Segretario politico nazionale, da solo o in sede collegiale, dal 1895 (aveva 23 anni) al 1925. Egli, interprete e conoscitore come pochi dei problemi del lavoro e dell’anima popolare romagnola, lo si ricorda pure come fondatore nel 1889, ragazzo di 17 anni, della Società Operaia Repubblicana “Aurelio Saffi” di San Varano (Forlì), vivente ancora il Triunviro; a questo proposito ci è parso di notevole interesse pubblicare questa lettera scoperta nella forlivese Raccolta Piancastelli scritta dal giovane Gaudenzi al faentino Leopoldo Malucelli, personalità di rilievo del repubblicanesimo romagnolo. La trascriviamo integralmente. “Società Operaia Aurelio Saffi di San Varano (Forlì) – San Varano, 15 settembre 1889 – Egregio Cittadino, Domenica (22) inaugureremo la nostra Bandiera, perciò veniamo a pregarvi d’intervenire a questa festa repubblicana, importante perché fatta nella villa di Aurelio Saffi. E siano fidenti di avervi con noi in tale giornata perché sappiamo quanto vi stia a cuore la salute del nostro Partito. Con affetto Vi salutiamo – Il Presidente Giuseppe Gaudenzi – P.S. Compiacetevi rispondere al nostro amico Vitali Patroclo a Forlì “. E, in calce, l’indirizzo “All’egregio Cittadino Leopoldo Malucelli – Faenza “Andando avanti negli anni, saltando quanto si è già detto, dobbiamo sottolineare la sua nomina a deputato nel 1904, dopo avvincenti duelli con il liberale Marchese Alessandro Albicini, la sua partecipazione ai dibattiti parlamentari in cui attaccò con foga e veemenza la Monarchia, il clero, le violenze della polizia sulle piazze d’Italia, per sostenere infine la causa del proletariato che viveva con estremo sacrificio ai margini della società. I suoi interventi, la sua forza verbale provocarono tumulti e proteste vivissime da parte degli avversari di fede monarchica-liberale. Salvatore Barzilai, deputato repubblicano, ma poi dal 1920 Senatore del regno, in una felice paginetta tratta da un dimenticato libro di memorie “Luci ed ombre del passato” del 1937, sottolineava così la presenza del deputato del PRI alla Camera a cavallo del nostro Secolo; leggiamola: “Presso a Giovanni Bovio, il suo più fido e degno seguace Pietro Pansini; Ettore Socci, garibaldino povero in canna, cavaliere senza paura…;
Eugenio Chiesa, stravagante, impulsivo ma generoso; Pio Viazzi, deputato della Maremma, avvocato con pochi clienti, e Carlo dell’Acqua di Bergamo, industriale con molti denari … due anime candide e semplici, superate nella bontà solo da Domenico Pacetti, deputato di Ancona…; Pilade Mazza e Ubaldo Comandini, valorosi avvocati, oratori parlamentari di molta efficacia per quanto tratti talora a evocare nell’aula qualche riflesso del loro antico esercizio forense; GIUSEPPE GAUDENZI e Luigi De Andreis, uomini di combattimento e di fede ma tagliati da natura a spigoli molto acuti; Gino Vendemini, romagnolo di acqua purissima, figura erculea, parola colorita e vibrante, anima aperta e sincera; Antonio Pellegrini, il più arguto, caustico ed efficace dei polemisti parlamentari; Roberto Mirabelli, repertorio vivente di precedenti del diritto costituzionale; Angelo Battelli, fisico di fama europea, sperduto nella politica di Montecitorio; Antonio Gaetano di Laurenzana, irredentista di avanguardia, repubblicano di fede purissima; Paolo Taroni, romagnolo lombardizzato, ingegnere di molto ingegno e di grande equità e gentilezza, fedele ai canoni del Partito senza settarismo e intransigenza di alcuna specie”. Giuseppe Gaudenzi dunque uomo di combattimento e di fede: mai definizione fu più esatta. E con questo combattimento e con questa fede egli aveva affascinato i cuori dei suoi romagnoli tenacemente legati all’idea; così per i ragazzi e i ragazzini entusiasti (ci si permetta l’aneddoto) che, accompagnandolo felicissimi per tanto onore, gli portavano la valigia fino alla stazione di Forlì, ove l’onorevole aspettava il treno che l’avrebbe portato alla capitale per i lavori parlamentari. Quando egli era alla testa della Giunta municipale della città, scoppiava la guerra europea e davanti alle posizioni interventiste del Partito ebbe dubbi, perplessità: ci diceva il compianto Icilio Missiroli, interventista nel 1914-15, al quale domandavamo pareri o giudizi su quel periodo così tumultuoso: “Noi credevamo di avere ragione, ma chi può dire veramente chi avesse torto o fosse sulla linea giusta? Noi interventisti o Gaudenzi che si manteneva così distante dalla nostra passione risorgimentale?”La posizione di Gaudenzi causò ovviamente perplessità e diatribe nel forlivese e specialmente i giovani volontari non perdonarono subito al loro deputato la mancata partecipazione agli entusiasmi dei molti. Comunque egli mai fece opera discorde nel Partito e mantenne rapporti amichevoli con quei trinceristi che avevano capito il tormento della sua anima: abbiamo testimonianza dai due autografi inediti inviati al combattente Aurelio Lolli: “Forlì, 6 aprile 1917 – Caro Lolli, mi giunsero ben gradite la vostra lettera del marzo scorso e la cartolina del 3 corrente. Vi mando di cuore i più fervidi auguri e i migliori saluti – aff.mo Giuseppe Gaudenzi”. Il secondo autografo affermava: “Forlì, 29 marzo 1918 – Caro Lolli, ho ricevuto la tua cartolina del 18 corrente e vedo che sei ritornato in zona d’operazioni. Ti ricambio cordialmente i graditissimi saluti ed aggiungo i più fervidi auguri. Credimi sempre aff.mo Giuseppe Gaudenzi.”Dopo la guerra vittoriosa, nell’autunno del 1919 ridivenne Sindaco di Forlì (ma non più deputato); il fascismo e la marcia su Roma lo ebbero tenace oppositore e il 30 ottobre 1922 la Milizia fascista estromise lui e la sua Giunta dalla guida del patrio Municipio. La linea di opposizione venne sempre ribadita sia sui giornali, sia nei congressi del Partito, sia attraverso la Segreteria politica del PRI che egli guidò ancora dal 1922 al 1925. Con le leggi eccezionali del novembre 1926, quando cioè la vita politica italiana veniva racchiusa nel solo Partito fascista, egli si trasse in disparte, esule in Patria, per morire il 10 luglio 1936 nella sua casa di Pievequinta (Forlì) nel tempo del pieno consenso degli italiani verso Mussolini. Tuttavia gli amici forlivesi, non dimentichi di quanto Gaudenzi aveva fatto per la Città e per la Romagna, vollero partecipare in tanti al funerale fino al Cimitero monumentale.Giuseppe Gaudenzi rimane di certo una grande figura storica del repubblicanesimo moderno; ora purtroppo è quasi dimenticato e non solo nei riflessi nazionali di Partito. Poco si è fatto dal dopoguerra ad oggi per ricordarlo degnamente. Lo scorso anno (50° della morte) si era programmato un convegno nazionale di studi da tenersi a Forlì in suo nome, ma non se ne fece nulla. Ma egli non può rimanere in ombra o celato solo in vecchie rimembranze, quando fu per almeno un trentennio il protagonista indiscusso di vita e politica repubblicana forlivese, romagnola e, necessariamente, italiana.