Bruno Angeletti

Per chi ha conosciuto l’avvocato Bruno Angeletti, il rivederlo ora nel disegno caricaturale di Ettore Nadiani deve certo rappresentare un gradito ed indovinato incontro; infatti, l’Angeletti del disegno risponde esattamente alle particolarità fisiche-morali dell’uomo, di altezza media, robusto e con lo sguardo pronto nell’osservare e studiare chi gli è davanti. Bruno Angeletti, l’avvocato, l’antifascista per antonomasia, nasceva a Canada De Gomez (Argentina) nel 1893 da genitori forlivesi, ma dopo la morte del padre tornava alla città d’origine: scriveva di lui Icilio Missiroli in un toccante e preciso articolo apparso su “Il Pensiero Romagnolo” del 15 settembre 1973, a pochi giorni dalla scomparsa: “Ha speso tutta la vita in Forlì, servendola con devoto e intelligente affetto. Patriota, amante del proprio Paese … allo scoppio della prima guerra mondiale era accorso interventista alle armi… E la guerra l’aveva segnato. Mutilato, aveva dato opera alla fondazione della sezione Mutilati di Forlì, così come era stato fra i costitutari della Sezione Combattenti, la cui adunanza di fondazione aveva avuto luogo nel febbraio del 1919 a Forlì con l’approvazione dello “Statuto dell’Associazione Forlivese fra Combattenti” associato a un programma politico-sociale di concezione repubblicana-mazziniana. Vi si auspicavano le modificazioni da introdursi nella nostra compagine statale (Costituente), l’inchiesta sulla disfatta di Caporetto, l’abolizione dello Stato Maggiore, libertà d’emigrazione, le otto ore di lavoro con un minimo salariale, nonché le condizioni che mettessero “al più presto l’operaio in grado di trasformarsi in vero fattore della produzione” (dalle linee programmatiche che si leggono sul “Pensiero Romagnolo” del 1° marzo 1919). Queste norme portavano in calce, oltre alla firma di Bruno Angeletti, anche le altre di Pietro Gramantieri, Silvio Fiamminghi, Giulio Laghi, Giacomo Ravaioli, Aurelio Lolli, Mentore Ronchi. Lo stesso Angeletti faceva parte del primo comitato direttivo provvisorio, eletto probabilmente sempre nel febbraio 1919, con il Generale Gramantieri presidente e Giulio Capanni segretario. Seguiva poi il 20 novembre del medesimo anno la nomina del primo consiglio effettivo che, sempre con Gramantieri presidente, aveva ancora Angeletti fra i dirigenti della Sezione Combattenti forlivese, che si batté strenuamente contro gli sfruttatori ed i sabotatori della guerra mentre, nei limiti dei suoi mezzi, non lesinò aiuti e assistenza agli iscritti, tenendo alte le idealità per le quali si era combattuto. Davanti a Mussolini ed al Fascismo i combattenti forlivesi (con vasta componente repubblicana) mantenevano una posizione cauta che tuttavia in occasione della marcia su Roma si trasformava in solidarietà concreta verso il Mussolini “rivalutatore della Vittoria”; una solidarietà che tuttavia non durava a lungo anche se in occasione della visita del Capo del Governo a Forlì nell’aprile 1923 la Sezione Combattenti, presieduta da Aldo Spallicci, eleggeva Mussolini presidente onorario della sezione perché “artefice di una Italia che guarda senza rossore e senza vergogna a Vittorio Veneto e che vede nei mutilati e combattenti la vera aristocrazia nazionale”. (da “Il Combattente Romagnolo”, 30 aprile 1923). Ebbene, Bruno Angeletti, in netto contrasto con i commilitoni, fu l’unico a votare contro la proposta della sezione. Comunque fu questo l’ultimo episodio di solidarietà della Sezione Combattenti forlivese verso il Fascismo ed il suo Capo; subito dopo infatti veniva una coraggiosa e radicale opposizione al Regime fino al forzato autoscioglimento avvenuto alla fine del marzo 1926 davanti ai continui soprusi e alle intolleranze dei fascisti.

Angeletti era in prima fila in città nella lotta antifascista e a questo proposito Missiroli nel ricordato articolo affermava che egli “era originalmente un liberale di idee aperte, volto a concetti di rinnovamento sociale” nel solco del “social-liberalismo di Nello e Carlo Rosselli”. Quando poi il Fascismo manifestò propositi dittatoriali “si trovò subito dalla parte opposta … e, da allora, rappresentò con fermezza impavida l’antifascismo forlivese” tanto da venire “percosso, perseguitato, incarcerato ripetutamente”. Aveva allora aderito all’”Unione Nazionale” di Giovanni Amendola, al movimento dei combattenti antifascisti “Italia Libera”, poi a “Giustizia e Libertà”; fu vicino ancora agli uomini del fiorentino “Non Mollare” e alla rivista torinese di Piero Gobetti “Rivoluzione Liberale”. Infine, racconta sempre Missiroli, “l’avvocato fece fin dall’inizio parte della Resistenza, di quella ancora incerta di gruppi sparsi per l’Italia … Nella sua casa incontrammo … Guido Calogero, Federico Comandini, Mario Ferrara ed altri..” In anni seguenti, riprendiamo dal libro “Una lotta nel suo corso”, conservò attorno a sé un gruppo di amici fedeli, e cospirò tenacemente, entrando nel movimento, poi divenuto Partito d’Azione. Angeletti era convinto della necessità di chiudere il tradizionale contrasto fra repubblicani e socialisti in Romagna; di fronte alle nuove esigenze della situazione italiana, fece opera unitaria e federativa. Prese con Carlo L.Raggianti numerose iniziative di convegni in Romagna nel 1942 e 1943. Teneva contatti con Ivanoe Bonomi (a sua volta in rapporti col Re) e col suo gruppo romano … e diffuse il giornale di Meuccio Ruini “Ricostruzione”.

A proposito di Bonomi ci sia consentita una parentesi suggeritaci dallo stesso avvocato Angeletti. I suoi incontri con l’ex Presidente del Consiglio non furono soltanto di stretta natura politica, con temerarie proposte insurrezionali, ma anche contatti per i piccoli … rifornimenti alimentari; il razionamento imperava allora in Italia, era anche duro, per cui Angeletti si faceva premura di portare da Forlì carne di pollo o di coniglio che i coniugi Bonomi, con la fame che c’era in giro, apprezzavano moltissimo.

Frattanto le riunioni cospirative del Partito d’Azione in Emilia-Romagna continuarono fra gli anni 1940-41-42: vi partecipavano – è Carlo L .Raggianti a scriverlo in “Disegno della liberazione italiana” – Vittorio Albasini Scrosati, Ugo La Malfa, Federico Comandini ed altri tramite i buoni uffici di Angeletti e dell’avvocato faentino Virgilio Neri. Ancora l’avvocato forlivese era al centro di riunioni avvenute nell’aprile 1943, per chiarire situazioni di dissenso (che permasero) sorte in Romagna e fuori fra gli stessi gruppi politici di antifascisti. Il Partito d’Azione poi tenne addirittura un congresso a Firenze dal 4 al 6 settembre 1943 con la partecipazione fra gli altri dell’avvocato Angeletti, il quale precedentemente era stato arrestato (si veda “Una lotta nel suo corso” già citata) nel maggio 1943 “in seguito a una riunione alla quale avevano preso parte … il giudice Pasquale Colagrande, Cino Macelli, Concetto Marchesi, l’avv. Teglio ed altri”. Angeletti fu in prigione anche a Ferrara, poi liberato il 26 luglio 1943. Immediatamente dopo l’8 settembre egli (ce lo disse anni dopo lui stesso) assieme a Tonino Spazzoli si portava a Milano Marittima per incontrarsi e per organizzare la fuga dell’on. Carlo Delcroix il quale tuttavia avrebbe voluto portare con sé i familiari; non se ne fece nulla e il Delcroix, grande invalido di guerra, veniva in seguito prelevato dai fascisti che lo tennero sotto sorveglianza fino al termine del conflitto. Non riuscì quel salvataggio ma se ne conclusero altri con lieto fine quando, dopo l’armistizio, un gran numero di ex prigionieri alleati, liberati dai campi di prigionia, attendeva aiuti concreti per ritornare nelle proprie linee. In Romagna lavoravano con grande coraggio e spirito altruistico, assieme ad atri generosi, specialmente Angeletti e Tonino Spazzoli, uno dei grandi protagonisti dei salvataggi e dei trasferimenti degli ex prigionieri verso il Sud d’Italia già liberato dagli Alleati. Ma per Angeletti si preparavano giorni duri e difficili, con l’arresto avvenuto a Firenze il 1° gennaio 1944; egli fu subito portato alle carceri di Forlì e qui avvenne il 3 gennaio il fortuito incontro col militante repubblicano Bruno Casadei, che sul “Pensiero Romagnolo” del 15 settembre 1973 rievocava l’episodio:”… Furono pochi minuti di conversazione ma sufficienti per tranquillizzarlo che il nostro “lavoro”, i giornali [clandestini] ed altra propaganda che noi stampavamo per conto del Comitato di Liberazione nazionale forlivese, di cui l’avvocato era Presidente, non era stato scoperto. Dopo qualche settimana venni trasferito nella cella 76 insieme con lui … Il suo comportamento dignitoso e forte ci rincuorava tutti”. La cittadinanza forlivese seguì con ansia le sorti di Angeletti e lo storico e diarista Antonio Mambelli in un suo Diario inedito ricordava la via crucis del prigioniero: 17 marzo 1944 “Richiesto dal Presidente [del Tribunale] Ottorino Grezzi sulle proprie opinioni politiche, l’imputato si dichiarava mazziniano da vent’anni e repubblicano sociale, non però secondo i principi e la pratica attuale del fascismo”. 29 marzo: “L’accusatore pubblico [Angeletti era accusato con altri di avere tentato di impadronirsi di armi per opporsi all’invasore tedesco] ha richiesto 10 anni di reclusione”; verrà tuttavia assolto per insufficienza di prove, ma non riacquisterà la libertà “dovendo rimanere a disposizione del comandante germanico in ostaggio …” Poco dopo dalle carceri di Forlì veniva “tradotto a quelle di Bologna … a disposizione delle SS” che l’accusavano “di aver favorito la fuga di tre [generali] inglesi in un sottomarino”. Notizia sostanzialmente vera anche se inesatta nei particolari. Finalmente il 22 luglio arriva la notizia, e Mambelli la registra subito, che “Angeletti liberato, poi ricercato di nuovo, è uccel di bosco”. E uccel di bosco rimarrà, aiutato nella sua ultima fuga da Tonino Spazzoli, il quale provvederà alla sua liberazione con gravissimo rischio, portandolo in automobile insieme al repubblicano Antonio Argenti nel vicino territorio della Repubblica di San Marino. Sono i primissimi giorni di agosto del 1944. Ma finalmente, dopo angosciose attese, Forlì veniva liberata il 9 novembre e Angeletti poteva ritornare nella sua città al seguito delle truppe alleate. Il Presidente del CLN forlivese si trova ora a combattere fra i partiti in un ambiente non sempre sereno e disteso. Comunque Angeletti, aderente al Partito d’Azione come si è sottolineato, diveniva Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Forlì, facendo poi parte della Consulta nazionale romana del 9 agosto 1945, che doveva preparare la convocazione della Costituente e l’avviamento alla vita democratica dell’Italia. Fu ancora attivissimo nella vita politica e sociale cittadina e, idealmente vicino al Partito Repubblicano, entrò in una lista comune PRI -Partito d’Azione nelle amministrative del marzo 1946, infine come indipendente (il P. d’Azione era ormai sciolto) in quelle del maggio 1951. Era eletto in entrambe le consultazioni; diveniva infine Presidente della Cassa dei Risparmi di Forlì dal 1955 al 1973 e con la stessa carica alla Casa di Riposo dal 1963 al 1973, nonché in altre importanti istituzioni forlivesi. Finanziariamente agiato, lasciava alla morte avvenuta il 7 settembre 1973 legati per un totale di 250 milioni a vari enti assistenziali e sociali cittadini.

Un personaggio di grandissimo prestigio, dunque, degno veramente di entrare a pieno titolo nel Pantheon degli uomini illustri forlivesi.

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