(Di Elio Santarelli, tratto da “Tonino Spazzoli” – estratto da “Il Pensiero Romagnolo” n. 31 e 32, 7 e 14 settembre 1974)
Il 30 ottobre 1933 Spazzoli è chiamato negli uffici della Questura di Forlì e interrogato. E’ dinanzi a un funzionario che « per delega dell’Ill.mo Sig. Questore» gli contesta come « il mattino del 28 corrente, in via Diaz, essendosi incontrato con un Reparto di Fascisti inquadrati muniti di gagliardetto omise di rendere il saluto il che tu interpretato come un atto di protesta ».
Egli rispose che effettivamento vide il reparto in marcia, ma che essendo soprappensiero, passò oltre senza salutare. L’affermazione convinse l’ingenuo commissario (per la storia, Ulisse Santoro) il quale tuttavia rimproverò Spazzoli con fare paternalistico ricordandoglì « come sia sommamente doveroso per ogni buon italiano e corretto cittadino salutare i gagliardetti fascisti anche se consistenti in semplici fiamme portati da reparti inquadrati, tenuto presente che essi rappresentano la Patria rinnovata … l). E’ proprio in questo periodo che contro Leandro Arpinati, non più Sottosegretario agli Interni, non più Presidente della Federazione del Calcio, si intensificano le indagini della polizia. La sua casa alla Malacappa, a pochi chilometri da Bologna, è sotto il controllo della polizia che prende nota di Coloro che entrano da Arpinati. Le automobili vengono schedate dal numero di targa e denunciati i loro proprietari. Lo stesso capita ai suoi più intimi amici che vengono controllati e pedinati nei loro spostamenti, Tonino Spazzoli, per esempio, viene segnalato di passaggio « a lmola, a bordo di una macchina recante la targa FO 5447. Era seguito da altra autovettura targata FO 4755. Dopo breve sosta in Imola, si diresse a Bologna». (Da una rìservata-raccomandata dell’Ispettore generale di P .S. Giuseppe D’Andrea al Questore di Forlì). E’ evidente che dopo tali minuziose indagini, la polizia voleva oramai giungere alle strette e mettere fuori del gioco il gruppo arpinatiano, che aveva nello Spazzoli uno dei più autorevoli rappresentanti.
« L’amico Tonino Spazzoli, un repubblicano forlivese di grande coraggio, batte la Romagna, scrive Guido Nozzoli, per sollevare gli scontenti con quel vento di fronda. E sogna non so quali associazioni repubblicane capeggiate dal proconsole in disgrazia».
La Questura di Forlì. intanto, 1’8 agosto 1934 invia una “Urgente al locale Prefetto” Dino Borri.
Nell’essenziale si precisa che nel « Capoluogo da tempo esiste un gruppo d’individui, ferventi arpinatiani, che ostacola l’affermazione del sentimento Fascista e lo sviluppo delle Organizzazioni del Regime”. Segue un elenco di sette persone, fra le quali primeggia la figura di Spazzoli, definito « uno dei pericolosi oppositori del Regime”. Se ne traccia un breve pepato profilo, per concludere che « in questi ultimi tempi … II lo « si vedeva spesso seduto al “Gran Bar “, in questa Piazza A. Saffi, censurando con altri beghisti …, i provvedimenti e le direttive delle Autorità e delle gerarchie Fasciste. Dopo la caduta dell’ex deputato Arpinati Leandro, verso il quale è legato da vincoli di amicizia, in alcune occasioni, non ha mancato di tacciare S.E. [Achille] Starace [Segretario del P.N.F.] d’incapacità, facendo a lui risalire la colpa delle dimissioni di detto ex deputato ». Il che era in gran parte vero. « Pertanto, termina la Relazione, … denunzio a V.E. per l’assegnazione al confino di polizia Spazzoli Antonio [assieme ad altri quattro essendosi rivelati con la loro condotta, pericolosi all’Ordine Nazionale dello Stato … ».
Tre giorni dopo si riunisce a Forlì la Commissione istituita per I’assegnazione del confino della quale è presidente il Prefetto Borri e pronuncia a carico di Spazzoli « l’assegnazione del medesimo al confino di polizia per la durata di anni uno II con la seguente motivazione: « Elemento [ozioso da qualche tempo ha mantenuto contatti di natura sospetta e si è [atto notare per apprezzamenti sfavorevoli circa i provvedimenti e le direttive delle Autorità governative e delle Gerarchie Fasciste con grave pregiudizio del prestigio delle Autorità stesse, rendendosi, così, responsabile di attività diretta a contrastare l’azione dei poteri dello Stato ».
Invitato a discolparsi, lo Spazzoli aveva detto di essere stato « repubblicano, ma dopo l’avvento al potere del fascismo II di essersi disinteressato di politica, pur essendo ora « un ammiratore delle teorie fasciste», A proposito di Arpinati, conferma di averlo, sì, incontrato « varie volte » ma senza aver « mai parlato di politica. E’ evidente che nessuno crede a queste affermazioni che qualsiasi accusato tuttavia avrebbe avanzate per un estremo tentativo di salvezza; per cui non gli rimane che preparare le valigie per il lungo viaggio verso Pomàrico in quel di Matera (Lucania).
Giunge sul posto probabilmente nello stesso agosto. E’ Pomarìco un non grosso paese issato a 455 metri sul livello del mare, con cinquemila abitanti e distante una trentina di chilometri dal capoluogo e dodici dal centro ferroviario di Ferrandina.
Egli vi si trova (relativamente) bene anche perché sul colle spira aria salubre con tutto attorno coltivazioni di oliveti ed altre piantagioni. Non mancano posti per la caccia, come riferirà al fratello Pippo.
Scrive agli amici, ma le sue lettere vengono regolarmente censurate e trascritte in copia da questurini semi analfabeti. Anche le lettere a lUI provenienti subiscono eguale trattamento.
Ad un giovane amico si rivolgeva così il 31 ottobre 1934: « Pippo ti avrà detto che non sto malaccio e che il confino sarà molto più duro per chi a sua volta dovrà pagare sul mal fatto … », E oltre tutto la vita è quella che è. quindi ‘si confessa, « non manca un certo “tete à tète” con discrete compagnie. Robe da Pomàrico però non prive di un interesse singolare. Tu, continua, salutami solo chi mi ricorda sinceramente e dell’artificiosità non me ne occorre, tanto più che non cerco galoppini … elettorali. Ricevo ogni sorta di giornali illustrati meno la ” Rivista Illustrata del Popolo d’Italia ” e l’ ” Illustrazione Italiana “. Ho ancora qualche amica che mi pensa con una certa nostalgia. Mandami anche i vocabolari tascabili perché non fa mai male essere poliglotti; eppoi chi non ti dice che presto non gironzoli in qualche capitale straniera? … o( scherzo se no la censura mi farà un tiro birbone con tutte le diffide che già ho avuto). Sabato andrà il mio processo causa un presunto sconfinamento. Sarà in Pretura a Matera ».
E in una cartolina postale a Mario Mìserocchì del Capodanno 1935: “…Amarezza, inquietudine o desolazione? No, caro Mario, che non sono ancora ridotto ai minimi termini di spirito o privo di saldezza d’animo …”. Conclude con una uscita un poco guascona ma lealmente aggressiva: “Ho la “sborrata” di affermarti che sono ricco, ma con straordinaria abbondanza, di un puro idealismo che piccoli importuni non mi scalfisce. Fischio e me ne infischio …”. Con questa prova di … fede indirizzata il giorno dopo ad un amico arpinatiano si intrattiene, ci sembra con un certa ironia (non si nota il contrasto: duce-libertà?) sul Capo del governo: « Mussolini quando vorrà e quando ~li parrà sa di poter contare sulla nostra inalterata fedeltà disinteressata e, se lo riterrà opportuno noi gli offriremo ancora la prova più lampante che troppa perniciosità e tendenziosità è servita per condannare uomini di fede perciò devoti oltre che amici. Intanto abbiamo fresche, fresche avute due diffide; ma per la libertà altro sangue si può dare… Siamo, modestamente, romagnoli anche noi, e che non tradiscono.
Il rilascio
Qualche tempo dopo è rilasciato dal confino e subito la Questura di Forlì si mette in marcia con una” Personale-Riservatissima” del 20 agosto 1935, indirizzata ad autorità superiori del capoluogo. In essa i sostiene che Spazzoli ed un amico arpinatiano “mantengono, politicamente, una condotta equivoca, dando luogo a fondati sospetti circa l”attività, che essi esplicano. Pertanto … si ravvisa l’opportunità di sottoporli ad oculata e cauta vigilanza …. facendo tenere relazione settimanale …”.
Comunque nel marzo 1937 egli, che svolgeva l’attività di commerciante di stufe, ottiene il lasciapassare per l’Africa Orientale Italiana e qui rimane per alcuni anni fino al 1940 impegnato nell’allevamento di suoi bovini e probabilmente di terre sue. Anche nella Colonia è controllato come “noto sovversivo”, “repubblicano ed ex confinato politico” in ogni suo spostamento; se ne occupa in Ministero dell’Africa Italiana di Roma l’11 dicembre 1939 con comunicati agli organi competenti: Ispettorato Generale di Polizia dell’Africa Italiana in Addis Abeba, Regia Prefettura di Forlì, Direzione Generale della P. S. in Roma.
Nei primi mesi del 1940 è di nuovo a Forlì e subito si interessa il Segretario Federale, Vincenzo Nardi, con una richiesta del 15 febbraio alla Questura per “ricevere dettagliate informazioni di carattere politico e morale, con speciale riguardo all’atteggiamento tenuto negli anni 1924-25, nei confronti del P.N.F”.
La guerra è alle porte e il 10 giugno segna l’inizio. Spazzoli non partecipa al conflitto pur seguendone attentamente gli sviluppi. E’ ancora pedinato dalla Questura, che gli sequestra come sempre le lettere in arrivo.
Aggiornamento di gennaio 2018: foto col figlio Aroldo
Aggiornamento di marzo 2018: foto di famiglia
Da sinistra: Pippo, Tonino, la mamma Teresa Fantinelli e la sorella Carmen
aggiornamento di gennaio 2020
Aggiornamento di marzo 2021
Lettera inviata da Tonino Spazzoli nel 1934 durante il confino politico a Pomarico (Mt) all’amico arpinatiano Italo Laziosi anch’egli al confino a Rotondella (Mt). Invita l’amico a vendere le stufe della Società Fumisti al Comune di Rotondella come ha già fatto lui fatto a Pomarico. Su gentile concessione di Barbara Laziosi.
